La guerra in Siria va avanti ormai da oltre unidici anni. Era l’inizio del 2011 quando cominciarono a scoppiarono le prime proteste pacifiche contro il regime dittatoriale. Da lì, l’escalation. Oggi il Paese vive in un’apparente dopoguerra fatto di instabilità, fame, scontri e ritorsioni
Undici anni di guerra in Siria spiegati in modo chiaro, insieme all’impatto che ha sulle nostre vite
Siriani che combattono in Ucraina, profughi in Europa, bambini europei trattenuti in Siria perché figli di padri o madri che hanno legami con l’Isis. E ancora: il colera che da Damasco minaccia di raggiungere l’Europa e le basi militari della Russia. Di Siria si parla spesso in modo frammentato e si rischia di avere in testa una gran confusione. Per esempio: qual è davvero la situazione in Siria, oggi, al di là di queste notizie che vanno e vengono? E perché dovrebbe riguardarci, se è un luogo così lontano da noi?
Tanto per cominciare, la Siria è molto più vicina a noi di quanto immaginiamo: la distanza tra Milano e Kiev è quasi la stessa di quella che separa Roma da Damasco, giusto per avere un metro di paragone. In questo articolo ti spiego allora in modo accurato, ma semplice e conciso, com’è nata la guerra e quali sono le implicazioni per l’Europa. E se leggi fino in fondo capirai perché riguarda anche te.
ANTE–FATTI. Tutto cominciò a dicembre del 2010, quando Mohamed Bouazizi, un giovane tunisino, si diede fuoco in mezzo al traffico della sua città, esasperato dalle umiliazioni subite dalla polizia locale. Bouazizi divenne poi il simbolo delle proteste che cominciarono a moltiplicarsi tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 anche in Medio Oriente, oltre che in diversi Paesi nordafricani: uno su tutti, la Libia, dove gli scontri portarono alla caduta e all’uccisione del colonnello-dittatore Gheddafi.
Queste prime manifestazioni nascevano dal basso, dalla gente comune, stremata dalla fame e da regimi antidemocratici, stanca di autorità corrotte e della mancanza di libertà nella vita di ogni giorno.
Con il tempo, però, tra queste proteste hanno cominciato a infiltrarsi gruppi di estremisti o legati a movimenti terroristici. Ed è quello che è successo in Siria. Qui in particolare, le manifestazioni pacifiche iniziarono tra gennaio e febbraio del 2011, sia nel nord che nel sud del Paese.
Lì, un gruppo di ragazzi cominciò a urlare a gran voce “Libertà!” e frasi come “Addio a Bashar”, cioè il presidente Bashar Al-Assad, al potere dall’anno 2000. Un potere ereditato dal padre, alla guida (spesso sanguinosa) di Damasco dal 1971. Nel complesso, quindi, la dittatura degli Assad ha compiuto quest’anno 51 anni.
La manifestazione spontanea del 15 marzo 2011 venne filmata da alcuni ragazzi ed e così che la notizia riuscì a fare il giro del mondo.
Ed è sempre così che la Siria entrò in quella che politologi e giornalisti occidentali hanno definito “Primavera araba”: più che una rinascita, però, una lunga serie di scontri, morti e feriti. Da marzo 2011 fino alla fine di quell’anno l’escalation fu costante. Il Paese entrò ufficialmente in guerra.

LA PROTESTA AL SUQ DI DAMASCO. L’inizio della guerra viene simbolicamente datato al 15 marzo 2011. Una giornata che è ben impressa nella mia memoria, perché l’ho vissuta in prima persona. Era un giorno come un altro a Damasco e il suq Al-Hamidyia, il più famoso di tutta la Siria, era affollato come al solito.
Lì, un gruppo di ragazzi cominciò a urlare a gran voce “Libertà!” e frasi come “Addio a Bashar”, cioè il presidente Bashar Al-Assad, al potere dall’anno 2000. Un potere ereditato dal padre, alla guida (spesso sanguinosa) di Damasco dal 1971. Nel complesso, quindi, la dittatura degli Assad ha compiuto quest’anno 51 anni.
La manifestazione spontanea del 15 marzo 2011 venne filmata da alcuni ragazzi ed e così che la notizia riuscì a fare il giro del mondo.
Ed è sempre così che la Siria entrò in quella che politologi e giornalisti occidentali hanno definito “Primavera araba”: più che una rinascita, però, una lunga serie di scontri, morti e feriti. Da marzo 2011 fino alla fine di quell’anno l’escalation fu costante. Il Paese entrò ufficialmente in guerra.
La protesta al suq di Damasco, dunque, pur non essendo stata la prima manifestazione in Siria, segnò uno spartiacque sia per la risonanza mediatica, sia per l’importanza simbolica di un evento simile nel cuore del regime.
IN GUERRA DA UNDICI ANNI. Una delle maggiori difficoltà che si incontrano quando si cerca di capire che cosa sia successo in Siria, è data dalla mancanza di un’opposizione compatta. Abbiamo detto che le prime proteste sono nate dal bisogno dei cittadini di emanciparsi da un regime autoritario. A quelle si aggiunsero i gruppi formati da ex militari siriani che, in parte, confluirono nell’Esercito Siriano Libero.
Dall’altra parte andò aumentando la presenza di estremisti e terroristi e, poi, del cosiddetto Stato Islamico (ISIS), che ha cominciato a fare proseliti puntando sul malcontento dei musulmani sunniti, in opposizione agli sciiti. Gli sciiti sono infatti in Siria una minoranza sulla carta, ma una maggioranza di fatto, perché il presidente Assad è sciita.
SIRIA E GEOPOLITICA. La guerra ha coinvolto tutta la comunità internazionale sotto molti punti di vista. Te ne illustrerò tre, i più importanti.
Al primo posto c’è quello umanitario, per l’enorme numero di civili coinvolti nel conflitto. Negli anni sono stati più di 6,6 milioni i siriani costretti a lasciare il Paese. Di questi, la maggior parte è in Medio Oriente, soprattutto in Turchia (più di 3,6 milioni) e poi in Libano, Giordania, Egitto e Iraq (fonte UNHRC). L’Europa ne ha accolti circa un milione, la metà dei quali ha trovato asilo in Germania, poi in Austria, Olanda, Francia e Grecia. Una minima parte anche in Italia, dove arrivano per lo più grazie ai corridoi umanitari, mentre chi sbarca sulla nostre coste di solito prosegue verso gli altri Paesi europei.
A questi, si aggiungano le decine di migliaia di persone scomparse nel nulla.
Secondo punto, la geopolitica. La Siria, infatti, ha una notevole rilevanza dal punto di vista strategico: confina con Israele e la Turchia, con il Libano, l’Iraq e la Giordania. E ha accesso al mare, nelle acque di Cipro.
Punto terzo, la religione. Benché nata come guerra laica, la religione ha assunto un’importanza fondamentale nel definire le diverse fazioni all’interno del Paese e nel plasmare le alleanze a livello internazionale.

GUERRA TRA SCIITI E SUNNITI IN SIRIA. Il regime sciita ha continuato a trovare nell’Iran sciita il suo alleato naturale, in opposizione a Israele, ai sunniti dei Paesi del Golfo – Arabia Saudita e Qatar su tutti – e della Turchia. Quest’ultima in particolare ha interessi diretti in Siria: al confine tra i due Stati, infatti, c’è una zona controllata dal Pkk, il Partito dei Lavoratori curdo, messo al bando come terrorista non solo dalla Turchia ma anche da Stati Uniti ed Europa.
GUERRA IN SIRIA: LA POSIZIONE DELLE GRANDI POTENZE. Damasco ha visto rafforzarsi i suoi legami con il Cremlino che, per esempio, possedeva già basi militari nel Paese, come quella nella strategica città portuale di Tartus. Alleato più defilato di Damasco, ma comunque presente e ingombrante, la Cina.
Stati Uniti ed Europa costituiscono invece il blocco opposto ad Assad, insieme alla Turchia, all’Arabia Saudita e al Qatar.
LE RIPERCUSSIONI IN ITALIA E IN EUROPA DELLA GUERRA IN SIRIA. Ecco allora l’essenza del conflitto: un’enorme manovra per ristabilire nuovi equilibri mondiali. E non sono solo “paroloni”: basti pensare che le alleanze in Siria definiscono anche quelle nella guerra tra Russia e Ucraina: anche qui si assiste al rafforzamento, negli equilibri internazionali, del blocco orientale rispetto a quello occidentale. E così, per esempio, l’Iran appoggia la Russia, che ha anche il sostegno della Siria e della Cina.
Questo fronte orientale può contare su riserve naturali importanti, dal gas al petrolio ed è crocevia di scambi di merci grazie agli sbocchi sul mare.
Abbiamo visto come l’Italia abbia accolto una parte molto piccola dei profughi siriani giunti in Europa. Ma è bene tenere a mente che si tratta di profughi reali, in fuga da uno stato di guerra e di carestia, persone che per sopravvivere sono disposte a tutto – come chiunque. Queste provengono soprattutto dalle zone più martoriate del Paese, con il nord in testa. Arrivano via terra ma soprattutto via mare, e sono troppe volte protagoniste delle tragedie di cui si riempiono i titoli dei giornali.
Se vuoi approfondire l’argomento o farmi domande, scrivimi pure nei commenti o contattami sui social, ti risponderò con molto piacere!