Dal 20 novembre al 18 dicembre, il Qatar ospita i Mondiali di calcio 2022: è la prima volta per un Paese arabo. La scelta ha scatenato indignazione per la questione dei diritti umani violati, ma ha suscitato anche parecchie discussioni, soprattutto sui social e Twitter in particolare. Il motivo? L’argomento delicato: l’islamofobia.
Il fischio d’inizio per i Mondiali in Qatar ha segnato anche un aumento della tensione per le polemiche e gli scontri sul tema dei diritti umani, in un Paese dall’enorme rilevanza a livello geopolitico. In questo articolo affrontiamo la notizia da un punto di vista un po’ particolare: quello dell’approccio che hanno avuto alcuni media e capiamo perché i Mondiali del Qatar dovrebbero interessare anche chi non è appassionato di calcio. Anche se l’Italia non gioca.
Immagina una scena del genere: su un campo da calcio è in corso una partita agguerrita. I giocatori, tutti con barbe lunghe ed espressioni arrabbiate, portano armi o addirittura cinture piene di esplosivo. Intorno a loro, uomini avvolti da tuniche bianche li guardano “giocare”.
Ora che hai visualizzato questa scena, chi pensi che siano questi giocatori? Cristiani? Ebrei? Musulmani? Europei? Medio Orientali?
Credo che la tua risposta (così come la mia e di molte altre persone) sia stata “musulmani” e “mediorientali”. Ecco, quello che ti ho raccontato è la descrizione di come il giornale “Le Canard Enchainée” , in una sua edizione speciale di fine ottobre, ha dipinto la squadra di calcio del Qatar. Nota bene: il video che ho linkato è di Al Jazeera, supportata da fondi del Qatar, ma qui ci interessano le immagini.
Una scelta molto forte, presa per denunciare le violazioni dei diritti umani di Doha alla vigilia dei Mondiali di calcio 2022. Bene, su questo punto non mi dilungherò: che il Qatar abbia ancora una lunga strada da fare su questo tema, è cosa nota. Una fonte su tutte: il rapporto che Amnesty International pubblicava lo scorso maggio, sullo sfruttamento dei lavoratori immigrati in Qatar per la costruzione delle infrastrutture legate ai Mondiali.
O ancora, le parole dell’ambasciatore del Qatar ai Mondiali 2022 (nonché ex calciatore professionista) Khalid Salman, secondo cui l’omosessualità sarebbe un “danno mentale”.
La riflessione che vorrei stimolare qui è un’altra: quanto giova alla causa dei diritti umani il collegamento tra Islam e terrorismo? Fare leva su stereotipi simili, aiuta davvero a sensibilizzare la comunità internazionale nei confronti di un Paese che ostacola, schiaccia, lede i diritti civili delle persone?

SATIRA VS. QATAR: DIFESA DI DIRITTI O ISLAMOFOBIA? Promuovere i pregiudizi è ben diverso dal difendere il rispetto degli esseri umani. Anzi, assecondare stereotipi già ben radicati significa azzerare le possibilità di dialogo. Perché chi è accusato, si difenderà ancor più tenacemente, parlando di “false accuse”. E chi sta dalla parte più “all’avanguardia” dimostra di aver capito molto poco di rispetto e diritti civili e così facendo non dà certo un bell’esempio.
Torniamo al caso concreto. La nazionale che scende in campo per i Mondiali del Qatar è stata rappresentata come un gruppo di terroristi. Intorno a loro, una élite in lunghi e candidi vestiti che sta a guardare le violenze del suo braccio armato, senza muovere un dito.
È vero che la satira, per sua natura, è portata a generalizzare atteggiamenti e abitudini al fine di criticare o schernire personaggi famosi e ridicolizzare situazioni, oltre che per stimolare nuove consapevolezze. Allora, in un caso così specifico come quello dei Mondiali in Qatar, lo stesso obiettivo si sarebbe potuto raggiungere con grafiche e vignette diverse. Senza peraltro correre il rischio di infondere un dubbio: le accuse lanciate al Qatar sono vere, o sono frutto del razzismo occidentale? E, di fatti, le autorità del Qatar sono più volte tornate a far leva proprio su questo, nel rispondere alle accuse.
La questione dello sfruttamento dei lavoratori e dei legami del Qatar con terroristi come i talebani in Afghanistan è stata affrontata da molti altri giornali satirici, senza cadere nell’islamofobia e senza dare la possibilità di spostare l’attenzione su temi diversi – come appunto il razzismo. Tanto più che il Qatar è il primo Paese del Medio Oriente a ospitare dei Mondiali.
I MONDIALI IN QATAR E GLI APPALTI MILIONARI. Eppure, nonostante tutto, il Qatar è riuscito a tenersi stretto i Mondiali, con il benestare della FIFA e della comunità internazionale. Difficile pensare che Doha abbia scommesso su questo evento soltanto in nome del cosiddetto sport washing, cioè per sfruttare un evento sportivo per ripulire la propria immagine. Tanto per cominciare, il Qatar ha già tutto, a cominciare dalle enormi disponibilità finanziarie, che è ciò che basta per avere potere negli equilibri mondiali.
E poi c’è la questione degli appalti. Proprio la Francia, patria del Canard Enchainé (ma anche Stati Uniti, Inghilterra e Turchia, fra gli altri) ha siglato un accordo per fornire personale e competenze nell’ambito della sicurezza. Presente anche l’Italia con la missione “Orice” dell’Aeronautica Militare. Nessuno di questi Stati rinuncerebbe a commesse del genere in nome dei diritti umani, ma forse è proprio su questo che si dovrebbe spostare l’attenzione.
Islamofobia, diritti umani e appalti milionari: tanti buoni spunti che rendono i Mondiali in Qatar interessanti per ognuno di noi, non solo per gli appassionati di calcio.
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