Terremoto in Turchia e Siria: perché è così devastante?

Il terremoto che, lunedì 6 febbraio, ha colpito l’area compresa tra il sud della Turchia e il nord della Siria è stato di una potenza enorme. Per capirne la portata, cominciamo subito da un esempio. Ricordiamo tutti il disastro di Amatrice: nel 2016 un terremoto di magnitudo 5.9 devastò i comuni di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, causando 299 vittime. Il sisma che invece colpì l’Irpinia nel 1980 era di magnitudo 6.9.

La scossa tra Turchia e Siria è stata invece di magnitudo 7.8, seguita un’ora e mezza dopo da un’altra di magnitudo 7.5. Ventiquattro ore dopo, le vittime erano già più di 5.000, ma la cifra è destinata ad aumentare.

Perché il terremoto in Turchia e in Siria è stato così terribile?

La magnitudo non è l’unica causa. Il geologo Chris Elders, intervistato da Al Jazeera, ha spiegato che l’altro fattore è la collocazione dell’epicentro: la scossa è infatti avvenuta a una profondità relativamente ridotta, cioè 17 chilometri. Può sembrare molto ma non lo è: basti pensare che solo la crosta terrestre arriva a 70 chilometri di profondità.

La vicinanza dell’epicentro ha quindi fatto in modo che la scossa arrivasse particolarmente amplificata alla superficie e con una intensità molto maggiore rispetto a una scossa che ha origine nella parte più interna della crosta terrestre.

Le scosse successive.

Le successive scosse di assestamento hanno ulteriormente aggravato la situazione. Oltre alle due scosse maggiori, a oggi ci sono state circa 16 altre scosse di intensità minore ma comunque rilevante – di magnitudo 4 e 5. Non solo: nel caso di un sisma di tale portata, le scosse di assestamento possono durare settimane e addirittura mesi.

Il terremoto in Turchia e Siria è della stessa magnitudo di quello che ha colpito il Nepal nel 2015, appunto 7.8: il bilancio finale delle vittime è stato di 9.000. Ecco perché si teme che anche questa volta i morti possano essere il doppio di oggi.

Ai morti, poi, vanno aggiunte tutte le altre vittime, cioè gli sfollati, i dispersi e tutti coloro che potrebbero essere coinvolti dalle prossime scosse di assestamento. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), infatti, circa 23 milioni di persone potrebbero essere coinvolte dagli effetti causati dal terremoto in Turchia e Siria. Sempre secondo l’OMS, la Siria sarà, nel medio e lungo periodo, la parte più colpita, a causa delle già gravi condizioni di base in seguito alla guerra.

Mappa elaborata da Teresa Potenza sulla base di © OpenStreetMap contributors

L’area colpita.

Il nord della Siria, vicino al confine con la Turchia, è un’area controllata in parte dal governo siriano, in parte da altri gruppi di opposizione. Molte aree sono abitate da sfollati interni, cioè cittadini siriani che abitavano in altre zone del Paese ma che hanno dovuto lasciare le proprie case a causa della guerra o di ritorsioni, come puoi leggere in questo mio articolo.

Una parte è occupata anche dai curdi siriani, nel mirino di Ankara in quanto accusati di essere legati al partito del PKK, considerato fuorilegge dalla comunità internazionale.

Quanto alla parte turca colpita, anche quella era casa per milioni di profughi siriani: famiglie che spesso hanno vissuto in tende per anni.

Ci sono poi altri motivi che vanno ad aggravare una situazione già terribile: li vediamo qui sotto.

Le condizioni meteorologiche.

Freddo, gelo e neve: ecco la situazione attuale nelle aree colpite dal terremoto in Turchia e Siria. Ma andiamo ancor più nello specifico.

  • Neve e gelo in Turchia. Il sisma ha avuto luogo proprio mentre era in corso una tempesta di neve nella zona colpita. L’allarme meteo è previsto fino a metà di questa settimana ma, anche quando sarà passato, le temperature resteranno molto basse.
  • Gelo in Siria. Non ha nevicato, ma le temperature nella parte siriana colpita dal sisma sono polari.

Il freddo abbassa in modo significativo le speranze che i dispersi ancora in vita possano sopravvivere a lungo sotto le macerie.

Daraa, Siria, 2022.

Relazioni diplomatiche e guerra: come influenzano i soccorsi?

Non è facile né scontato far arrivare i soccorsi in aree di conflitto, anche in una emergenza come quella del terremoto in Turchia e Siria. Alcuni Paesi – Stati Uniti compresi – hanno ribadito che, pur prestando il proprio aiuto, non avranno come interlocutore il presidente siriano Bashar Al-Assad. Una presa di posizione da non sottovalutare, perché potrebbe rallentare le operazioni di soccorso a danno delle persone, più che della diplomazia.

Allo stesso modo, il Regno Unito ha fatto sapere che coopererà soltanto con i White Helmets (Syria Civil Defence), una organizzazione indipendente che opera nelle zone non controllate da Damasco.

Dal canto suo, il governo siriano continua a limitare l’accesso al Paese, che al momento, nella zona colpita dal terremoto, avviene attraverso un’unica strada. Aprirne altre sarebbe visto come una “perdita di potere”. Ma non è pensabile che basti una sola via di accesso in un momento come questo, tanto più che il resto delle infrastrutture siriane era già indebolito a causa della guerra.

Ed ecco che anche la Croce Rossa, attraverso il suo direttore per l’area del Vicino e Medio Oriente, Farizio Carboni, ha sottolineato come il terremoto in Turchia e Siria debba essere “una opportunità per depoliticizzare” gli aiuti umanitari in Siria. In una intervista ad Al Jazeera, Carboni ha ricordato come il sisma sia “l’ultimo di una serie di disastri” dopo la guerra, il Covid e il colera. La tempestività dei soccorsi assume allora un ruolo quanto mai cruciale.

    Questo articolo verrà aggiornato in base ai nuovi fatti e/o arricchito da altri articoli sullo stesso tema. Nel frattempo, per qualsiasi domanda o richiesto di approfondimento, scrivimi pure nei commenti o contattami sui social, ci confrontiamo con grande piacere.

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